Per decenni, ci siamo aggrappati a un modello tanto rassicurante quanto obsoleto: il funnel. Un percorso lineare, ordinato, sequenziale. Prima attiro l’attenzione, poi genero interesse, stimolo il desiderio e, infine, accompagno all’azione. Perfetto, almeno sulla carta. Peccato che il cliente reale, quello che oggi naviga tra un contenuto su TikTok e una recensione su Trustpilot, non segua più quel percorso. E forse, a ben vedere, non l’ha mai seguito davvero.

“Non siamo esseri logici che decidono con l’emozione. Siamo esseri emotivi che giustificano con la logica.”
Antonio Damasio
neurologo, neuroscienziato, psicologo

 

Il cervello non ama gli schemi: li bypassa

Il funnel funziona solo se ipotizziamo che le persone prendano decisioni in modo razionale. Ma oggi, la neuroscienza ci racconta una storia completamente diversa. Il nostro cervello, sotto pressione da un bombardamento costante di stimoli digitali, non procede per analisi logiche ma per intuizioni rapide, scorciatoie mentali, emozioni fulminee.

Secondo una ricerca condotta da Harvard nel 2024, oltre l’85% delle decisioni d’acquisto avviene in modo inconscio. Non valutiamo oggettivamente il miglior prodotto o servizio, ma scegliamo ciò che ci risuona. E solo dopo, eventualmente, costruiamo una narrazione logica per giustificare quella scelta.

Il punto è semplice: non compriamo per logica, compriamo per istinto.

Perché il funnel non regge più

Chi continua a ragionare per funnel nel 2025 rischia di parlare a un utente che non esiste più. L’esperienza digitale è diventata non lineare, caotica, istantanea. Le persone si muovono tra canali, contenuti, formati e touchpoint con un comportamento imprevedibile.

Siamo passati da customer journey strutturati a una giungla di micro-momenti. Un video, uno scroll, un commento: bastano pochi secondi per far nascere un’intuizione che porterà o non porterà — all’acquisto.

E tutto questo accade ben prima che il tuo contenuto “di fase intermedia” venga anche solo visto.

Non un imbuto, ma un flusso circolare

Serve un cambio di paradigma. Il funnel deve lasciare spazio a un modello che rispecchi il modo in cui il cervello elabora decisioni in contesti digitali. Un modello più simile a un loop decisionale:

  • Prima lo stimolo emotivo, che accende l’attenzione e genera connessione immediata.

  • Poi l’associazione mentale, che può essere basata su esperienze pregresse, valori personali o sensazioni difficili da verbalizzare.

  • Solo in un secondo momento subentra la parte razionale, quella che cerca conferme, recensioni, confronti.

  • Infine, se tutto si allinea, si compie l’azione e si riattiva il ciclo attraverso l’engagement post-acquisto.

Questa è la logica del cervello digitale: disordinata ma potente.

Come si adatta il marketing a questo scenario?

Cambiare modello mentale richiede anche un cambio operativo. Non basta aggiornare le strategie, bisogna ripensare il modo stesso in cui costruiamo la comunicazione.

Serve meno pianificazione rigida e più capacità di colpire nel momento giusto, con l’emozione giusta.

Significa rimettere la creatività al centro, come leva principale di attivazione.: un’immagine forte, un copy che colpisce, un suono che rimane in testa; oggi queste cose valgono più di mille keyword o CTA piazzate nei “punti giusti”.

Significa progettare contenuti che il cervello riconosce prima ancora di capirli, perché l’intuizione precede l’analisi.

Significa anche cambiare i KPI: non più solo click, impression e conversioni, ma tempo di permanenza, coinvolgimento reale, profondità dell’interazione.

Il marketing che funziona oggi è neurocompatibile

Il punto non è se il funnel sia completamente da buttare. Il punto è che non possiamo più considerarlo l’unico schema mentale valido per progettare esperienze digitali.

Chi lavora nel marketing, nella comunicazione o nella strategia aziendale oggi ha una responsabilità: conoscere come funziona il cervello umano sotto stress digitale. Perché è lì che si giocano le decisioni, ed è lì che si costruisce o si distrugge la fiducia verso un brand.

Il futuro non sarà fatto di funnel, ma di flussi emozionali, intuizioni ben progettate e esperienze che parlano prima ancora di convincere.

Il cliente non vuole essere accompagnato ma vuole essere rassicurato in pochi secondi.
Il marketing che vince è quello che sa essere intuito prima ancora di essere compreso.

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